La camera bianca, anche detta clean room, è un particolare ambiente di lavoro dove l’aria è molto più pulita del normale.
Per esempio, la camera bianca adottata da InfoLAB Data è un ambiente in Classe 100 dotata di un filtro a blocco totale delle particelle di polvere (quality range–99,999% – particele 0,3 micron), così da renderla un locale isolato. L’apertura di un hard disk, infatti, è possibile solamente all’interno di un ambiente totalmente privo di polveri, in caso contrario si rischia la contaminazione con il conseguente head crash o la creazione di micro-graffi ugualmente fatali per i dati.
In una cappa a flusso orizzontale la purezza dell’aria è garantita da ventilatori a bassa velocità che grazie a dei filtri HEPA, che trattengono le particelle inquinanti (es: polvere), immettono nella clean room aria perfettamente pulita.
Tali camere vengono usate di norma in ambito scientifico e nella ricerca industriale, ma anche nel campo elettronico, in particolare nelle operazioni di assemblaggio degli hard disk e nelle operazioni di recupero dati dagli stessi.
In caso di guasti meccanici dell’hard disk nessun software è in grado di avere accesso ai dati contenuti nel supporto. E’ necessario, quindi, aprire l’hard disk, operazione possibile solo in un ambiente protetto e controllato come al camera bianca. L’inquinamento dei piatti interni renderebbe, infatti, impossibile o molto difficile un recupero dati. Basti pensare che un solo granello di polvere tra la superficie del disco e la testina di lettura può distruggere letteralmente i preziosi dati in essa contenuti.
InfoLAB Data svolge tutte le lavorazioni critiche in un ambiente pulito (camera bianca – clean room) con l’impiego di cappe a flusso orizzontale classe 100 e classe 10, come previsto dalle norme U.S. Federal Standard 209/E.
Un ambiente classe 100 è il minimo indispensabile in cui poter aprire un hard disk: in questo ambiente sono ammesse non più di 3.520 particelle di polvere (della grandezza di 0,5 µm) per metro cubo d’aria.
L’ambiente classe 10 detta delle norme ancora più severe, portando il numero di particelle ammesse a sole 352 unità per metro cubo.